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AA Dinornithidae Dinornitidi Dinornithidae
Dinornithiformes: Dinornitiformi
Giganteschi uccelli inadatti al volo vissuti in Nuova Zelanda a partire dal Tardo Cretacico. Il loro nome comune, moa, deriva dall'omonima parola maori usata per indicarli.

Classificazione scientifica
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Classe: Aves
Sottoclasse: Neornithes
Ordine: Struthioniformes
Sottordine: Dinornithiformes
Famiglia: Dinornithidae
Generi:
Anomalopteryx
Euryapteryx
Megalapteryx
Dinornis
Emeus
Pachyornis

I Dinornitidi non possedevano ali, nemmeno abbozzate. Erano davvero enormi: la specie più grande, il moa gigante settentrionale: Dinornis novaezelandiae, raggiungeva i 3,6 m d'altezza ed il peso di oltre due quintali e mezzo, mentre le altre specie, 15 in totale, erano leggermente più piccole, ma comunque più grandi di molti uccelli attuali. Anche se nelle ricostruzioni tradizionali i moa vengono rappresentati in posizione eretta, per metterne in evidenza l'impressionante statura, è più probabile che postassero il collo dritto orizzontalmente, come i kiwi, in modo da avere la testa al livello dei cespugli di cui si nutrivano. Coprivano infatti il ruolo di erbivori dominanti in Nuova Zelanda, dove la totale assenza di mammiferi (eccetto tre specie di pipistrelli) aveva lasciato libere numerose nicchie, che furono occupate dagli uccelli e (in misura assai minore) dai rettili.

Per lungo tempo, si è pensato che le coppie Euryapteryx curtus: Euryapteryx exilis, Emeus huttonii: Emeus crassus, Pachyornis septentrionalis: Pachyornis mappini costituissero i due sessi di un'unica specie, poiché delle prime si trovavono solo esemplari maschi, delle seconde solamente femmine, e le caratteristiche delle due specie erano assai simili; questo è stato confermato da analisi del DNA. Lo stesso discorso è valso per Dinornis giganteus o robustus, Dinornis novaezelandiae novaezealandiae e Dinornis struthioides; quest'ultimo, opportunamente diviso in due sottospecie, si rivelò essere il maschio di entrambe le altre due specie. Nei moa, infatti, le femmine sono assai più grandi e robuste, arrivando a raggiungere una volta e mezza l'altezza e tre volte il peso dei maschi; questo fenomeno, dimorfismo sessuale inverso, è tipico dei ratiti, ma è così pronunciato solo nei kiwi.

Tuttavia, i moa tendono anche ad avere lignaggi genetici differenti nella stessa specie, il che ultimamente, con la tecnica del test del DNA, sta facendo emergere nuove specie a partire da fossili di quelle già esistenti.

Si pensa che i moa si siano estinti attorno al 1500, anche se il ritrovamento di alcuni resti in ottimo stato di conservazione di Megalapteryx didinus lasciano presupporre che questi uccelli siano riusciti a sopravvivere nelle zone più remote del paese fino al XVIII od addirittura fino al XIX secolo.

Recentemente, alcuni criptozoologi hanno presentato delle fotografie di ciò che dovrebbe essere un moa ancora vivente, lasciando aperta la speranza che i moa possano vivere ancora nelle aree più remote del Westland neozelandese; tuttavia, la qualità dell'immagine estremamente bassa e l'assenza di ulteriori prove lasciano gli studiosi assai scettici sulla fondatezza dell'ipotesi.

L'estinzione di questi animali è attribuita alla caccia ed alla distruzione dell'habitat da parte degli antenati polinesiani dei Maori, insediatisi in Nuova Zelanda alcuni secoli prima; i moa, inoltre, venivano predati attivamente dall'aquila di Haast, anch'essa estinta.

Da sempre i maori raccontavano ai coloni inglesi storie circa giganteschi uccelli senza ali che correvano per le valli e le pianure e che essi chiamavano moa, ma gli inglesi sembravano non curarsene minimamente, considerando queste storie come leggende locali.

Nel 1839, John Harris, un commerciante appassionato di zoologia, venne in possesso di un pezzo d'osso di una quindicina di centimetri, che inviò a suo zio, che a sua volta provvide a farlo esaminare da Richard Owen a Londra. Owen studiò l'osso perlomeno per quattro anni; stabilì infine che esso era parte del femore di un grosso animale, tuttavia ciò che lo sconcertava era il candore del frammento e la sua sezione a nido d'ape. Appurato che l'osso era appartenuto a qualche uccello, Owen rivelò di aver scoperto un nuovo gigantesco uccello, che battezzò Dinornis, uccello terribile. La sua deduzione fu inizialmente ridicolizzata dalla comunità scientifica, ma col tempo si rivelò corretta, visto che furono ritrovate ingenti quantità di ossa di moa in tutta la Nuova Zelanda. Dal 2004, il frammento esaminato da Owen è stato messo in bacheca nel Museo di storia naturale di Londra, da lui fondato e diretto, in memoria del bicentenario della sua nascita.