Lupo appenninico |
Canis lupus italicus |
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Canis lupus italicus: Lupo appenninico
Sottospecie del lupo che popola le foreste e i boschi della dorsale appenninica. Il recente aumento della popolazione lo ha portato a distribuirsi anche sul settore occidentale dell'arco alpino.
Classificazione scientifica:
Regno: Animalia
Phylum: Chordata
Subphylum: Vertebrata
Classe: Mammalia
Sottoclasse: Eutheria
Ordine: Carnivora
Famiglia: Canidae
Sottofamiglia: Caninae
Genere: Canis
Specie: Canis lupus italicus Altobello, 1921
Il lupo appenninico è più piccolo rispetto al lupo comune: il peso di un esemplare maschio si aggira attorno ai 30-35 Kg, mentre nell'esemplare femmina il peso è di circa 20-25 Kg. La lunghezza media è di circa 120 cm, mentre l'altezza media è di circa 50-70 cm. Il pelo è di colore grigio-marrone.
La dieta del lupo appenninico prevede principalmente ungulati di taglia media (cinghiali, caprioli e daini) ma, in assenza di questi, si nutre anche di animali di taglia inferiore (piccoli roditori, ecc.) e di frutta.
Il lupo si è adattato alla presenza umana e così anche la sua nutrizione; in alcune zone, infatti, questi animali non ignorano i rifiuti né gli animali domestici.
In Italia vengono uccisi ogni anno per scopi predatori migliaia di capi[senza fonte] (pecore, capre, vitelli e, occasionalmente, puledri). In questa stima rientrano, tuttavia, anche le uccisioni causate dai branchi di cani tornati allo stato selvatico, che occupano la stessa nicchia ecologica del lupo appenninico ed entrano in competizione con questo predatore.
Per evitare che la tutela del lupo comporti gravi perdite economiche per gli allevatori, diverse regioni hanno istituito rimborsi per i danni subiti a causa degli attacchi al bestiame.
Il corteggiamento avviene durante i primi mesi dell'anno, mentre l'accoppiamento durante la seconda metà di marzo. La gestazione dura circa due mesi e il numero di nuovi nati varia a seconda dell'età della madre: dai 2 agli 8 cuccioli.
Fino alla fine del XIX secolo, questo mammifero era ampiamente diffuso sui monti ed in pianura.
Dagli inizi del 900 iniziarono le persecuzioni nei confronti di questo animale. In un breve arco di tempo, la popolazione diminuì drasticamente e il lupo scomparve definitivamente dalle Alpi, dalla Sicilia e, negli anni successivi, anche negli Appennini si riscontrò un forte calo del numero di individui.
Dopo la seconda guerra mondiale la situazione divenne sempre più grave, e il numero dei lupi appenninici si ridusse fino a toccare il minimo storico documentato negli anni 70. Nel 1972 Luigi Boitani ed Erik Zimen furono incaricati di eseguire la prima indagine italiana sulla situazione del lupo appenninico svolta con una metodologia sistematica: prendendo come riferimento un'area che si estendeva dai Monti Sibillini (a nord) fino alla Sila (a sud), essi stimarono il numero complessivo degli esemplari in 100-110 al massimo.
A partire dagli anni '70 vennero attuate le prime politiche di conservazione, che favorirono l'aumento della popolazione. Nei primi anni 80 una nuova indagine stimò il numero degli esemplari in circa 220-240 individui, in espansione. Negli anni 90 nuove stime portarono il numero a circa 400 lupi, con in più il ripopolamento di zone, come le Alpi Occidentali, dalle quali questi animali erano scomparsi da quasi un secolo.
Contemporaneamente rinascevano comportamenti persecutori da parte dell'uomo: ad esempio, negli anni 80, a seguito della ricomparsa di un piccolo nucleo di lupi nel comprensorio dei Monti Lepini, si attivarono nella zona squadre di armati che spesso arsero vive nelle tane intere cucciolate. In un episodio emblematico, accaduto nel 1983 a Carpineto Romano, un cucciolo di lupo, dopo essere stato barbaramente ucciso, venne inchiodato al portone del municipio, come monito per gli ambientalisti.
La popolazione odierna conta, secondo le ultime stime, circa 500-600 esemplari. Tuttora persistono campagne di persecuzione, attraverso il bracconaggio, che utilizza principalmente armi da fuoco, bocconi avvelenati e lacci. Si tratta in ogni caso di comportamenti illegali, perché tutte le Leggi Regionali sulla caccia tutelano senza eccezioni il lupo e, a livello nazionale, esso è specie integralmente protetta.
Uno dei maggiori pericoli a cui è esposto attualmente il lupo appenninico è l'ibridazione, causata dall'accoppiamento con cani rinselvatichiti, con conseguente corruzione del patrimonio genetico di questo animale.
Il lupo, oggi, è presente sull'intera catena degli Appennini, sulle Alpi Occidentali, in Toscana; nel Lazio è presente sulla dorsale appenninica (particolarmente nel Parco dei Monti Simbruini), ma anche sui Monti della Tolfa e sui Monti Ausoni. Ci sono stati avvistamenti anche nella campagna romana con un branco di 4-5 lupi. Negli ultimi anni alcuni esemplari sono stati avvistati all'interno del territorio del Parco Regionale dei Castelli Romani. Da poco tempo poi si è stabilito un branco nel Parco nazionale del Gran Paradiso. Altri individui erratici sono stati avvistati anche sui Pirenei.
Da quando, circa 17.000 anni fa, ebbe inizio la domesticazione del lupo, le strade di questo animale e del suo derivato domestico, il cane, si sono sviluppate su rami divergenti. Le tecniche di caccia di questi due canidi appartenenti alla stessa specie, sono completamente diverse. Il lupo organizza battute con grande coordinamento del branco; spesso isola un esemplare vecchio o malato dal resto della mandria e lo finisce con un morso alla gola eseguito con chirurgica precisione. Solo nel caso degli ungulati più grandi, i lupi effettuano inseguimenti anche di lunga durata, e tentano di mordere l'animale agli zoccoli, ai fianchi o alla testa.
I cani rinselvatichiti, invece, mancano della capacità di coordinamento del branco. Spesso sono capaci di uccidere soltanto le prede più piccole, come pecore o capre, aggredendole ai quarti posteriori o al ventre e iniziando sovente a mangiare le malcapitate bestie mentre sono ancora vive; sono tuttavia in grado di abbattere anche cinghiali o montoni maschi contando sul numero e sulla persistenza dell'attacco. Ulteriore distinzione, i branchi di cani rinselvatichiti, a differenza dei branchi di lupi, qualora attaccano un gregge è l'incapacità, anche per assoluta mancanza di coordinazione, a limitare l'attacco alla sola necessità alimentare disperdendo gli animali in un vasto raggio ed uccidendone un gran numero. Il danno causato dai loro attacchi alle greggi è assai consistente e l'abbandono di carcasse semidivorate sui pascoli incrementa la diffidenza deli operatori del settore zootecnico nei confronti dei lupi, con i quali vengono sovente confusi. Questi comportamenti e l'ibridazione fanno del cane selvatico la principale minaccia per la sopravvivenza del lupo.
Recentemente (1966) il lupo appenninico è stato uno dei "protagonisti" della storia del Lupo Italiano, una razza canina nata da una selezione sviluppata partendo da un cucciolo di una femmina di lupo appenninico e di un maschio di Pastore tedesco. |
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