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Sin da quando Charles Darwin formulò la sua teoria sulle origine delle specie viventi, si è cercato di ricostruire la linea evolutiva che portò all'uomo. I numerosi ritrovamenti fossili avvenuti negli ultimi tempi hanno permesso ai paleontologi di risalire fino alla comparsa dei primi ominidi; ma resta ancora da fissare il termine cronologico per la comparsa del nostro più antico progenitore e da individuare l'anello che collega i primi ominidi alla catena evolutiva precedente. La ricerca paleontologica è tuttora in evoluzione e non si esclude che nuove scoperte possano portare alla formulazione di diverse teorie. Fino a non molti anni fa si riteneva che il più antico antenato dell'uomo fosse il Ramapiteco, una scimmia antropomorfa che circa 12-11 milioni di anni fa scese dagli alberi per vivere al suolo, in seguito alla comparsa delle savane al posto delle foreste tropicali. Oggi si tende ad escludere un rapporto tra l'uomo e il Ramapiteco, che sarebbe solo uno stadio nella linea evolutiva delle scimmie. I primi resti fossili attribuibili ad un progenitore dell'uomo sono stati trovati in Etiopia, nella valle di Hadur, datati a circa 4 milioni di anni fa. Si tratta di un individuo di sesso femminile, battezzato Lucy dallo scopritore, appartenente al genere Australopitecus afarensis, da cui, secondo una teoria diffusa, sarebbero discesi l'Australopitecus africanus e l'Australopitecus robustus, sempre rinvenuti in Africa, e considerati un ramo laterale nella linea evolutiva dell'uomo (nel 1989 è stata annunciata la scoperta in Cina, sulle rive del fiume Hanjiang, dei resti di un ominide classificato come australopiteco, datato a due milioni di anni fa; questa scoperta potrebbe fare rivedere la teoria che indica nell'Africa la culla dell'umanità). L'Australopitecus era alto poco più di un metro, viveva nella savana cibandosi di radici e piccoli vertebrati; aveva raggiunto la stazione eretta, e ciò gli lasciava gli arti anteriori liberi per impugnare pietre o bastoni, e una capacità cranica di ca. 500 cm³. Da un ramo dell'Australopitecus deriva l'Homo habilis: i suoi resti fossili, datati tra i 2 e 1 milione di anni fa (ma alcuni resti sembra si datino a 3 milioni di anni fa), sono stati ritrovati in Africa. L'Homo habilis aveva un cervello più sviluppato dell'Australopitecus (da 600 a 800 cm³) e la capacità di fabbricare e utilizzare rozzi strumenti di pietra o legno. 1,5 milioni di anni fa comparve l'Homo erectus, forse sviluppatosi in Africa dall'Homo habilis e poi diffusosi in Europa e Asia. Come indica già il suo nome scientifico aveva raggiunto la piena stazione eretta, con un tipo di deambulazione umana. Il suo cervello arrivava a 1000 cm³. Vissuto nel periodo delle glaciazioni, non solo costruiva strumenti di pietra più avanzati, ma era capace di utilizzare il fuoco per uso domestico e di difesa. Tra i 300.000 e i 200.000 anni fa iniziarono a comparire sulla terra individui che, per volume e conformazione del cranio, si collocano nella stessa specie dell'uomo attuale. Tra queste forme è l'Homo sapiens neanderthalensis (i primi resti di questo homo furono trovati nel 1856 nella valle del Neander, presso Düsseldorf), vissuto tra gli 80000 e i 35000 anni fa. L'uomo di Neanderthal era tozzo, di corporatura robusta, con una capacità cranica uguale o superiore a quella dell'uomo attuale, con marcate arcate sopraorbitarie. Non solo aveva raggiunto buone capacità tecniche, ma fu il primo uomo a praticare la sepoltura dei morti, chiaro indice di idee religiose. Probabilmente 35000 anni fa l'uomo di Neanderthal, frutto di un adattamento al clima rigido delle glaciazioni, si estinse e lo sostituì, o assorbì tramite incroci, l'Homo sapiens sapiens. A questo genere appartengono tutti gli uomini viventi oggi sulla terra. I più antichi resti fossili di Homo sapiens sono di 35000 anni fa; (in Europa, dalla località del ritrovamento, si chiama uomo di Cro-Magnon), e i suoi resti sono diffusi in tutti i continenti, comprese le Americhe e l'Australia. Con la comparsa dell’Homo. sapiens assume maggiore peso l'evoluzione culturale: si acquisiscono tecniche più perfezionate di caccia e guerra, compaiono manifestazioni grafiche (pitture e graffiti ritrovati nelle grotte che servivano da abitazione) e oggetti scolpiti con valore magico-rituale. Gli individui di questa specie ormai vivono in gruppi, giungendo presto ai primi esempi di vita socialmente organizzata. Verso il 9000 a.C., con il Neolitico (tutto il periodo segnato dalla comparsa dei primi uomini è chiamato età della pietra, dagli utensili litici che realizzavano, e viene diviso in tre periodi, Paleolitico, Mesolitico e Neolitico), si ebbe la fine dell'uso esclusivo della pietra scheggiata, con la realizzazione di strumenti di pietra levigata più funzionali. In questo periodo comparve anche il vasellame d'argilla, ma soprattutto l'uomo, da cacciatore-raccoglitore, divenne produttore. Infatti nel Neolitico nacquero l'agricoltura e l'allevamento: ciò significò che da nomade l'uomo divenne sedentario. Già nel Mesolitico il nomadismo era divenuto stagionale: gli spostamenti avvenivano negli stessi ambiti regionali, con il mutare delle stagioni, seguendo le migrazioni degli animali. Con il Neolitico si ebbe la fine dei grandi flussi del nomadismo. Gli agricoltori-allevatori si stanziarono nelle terre che coltivavano o dove pascolavano le mandrie, creando i primi villaggi con strutture abitative fisse: iniziava lo sviluppo della socialità. Per soddisfare le esigenze della comunità si ebbe una suddivisione dei ruoli e dei compiti. È ragionevole pensare che chi svolgeva mansioni di maggiore importanza acquisì una autorità sugli altri: praticamente iniziò a delinearsi una gerarchia sociale. Gli individui più autorevoli ebbero il diritto di dirigere gli altri; la comunicazione orale e il linguaggio divennero più complessi e articolati. Con l'ingrandirsi dei villaggi, la diversificazione delle attività lavorative e la nascita di forme più complesse di economie di scambio tra comunità, si ebbe una prima forma di organizzazione sociale, presupposto per il passaggio da villaggio a città. |